Risale agli
ultimi giorni del 2020 la pubblicazione delle Linee guida al nuovo PEI, il
Piano educativo individualizzato per le/gli studenti con disabilità, inserite
all’interno di un voluminoso pacchetto di prescrizioni che comprende: un
decreto interministeriale Istruzione-Finanze, una nota firmata Max Bruschi, 4
modelli PEI e 2 tabelle per il calcolo delle risorse.
Si tratta
dell’ultimo fondamentale passaggio di una vera e propria riforma del sostegno,
avviata nel 2015 da alcuni articoli della “buonascuola” renziana e attuata in
parte dalla contrastata pubblicazione di altri due decreti legislativi
(66/2017e96/2019) che mettevano pesantemente in discussione l’impianto della
legge 104.
Il PEI
rappresenta un insostituibile documento di riferimento per lo studente con
disabilità e per tutte le figure che interagiscono all’interno del suo percorso
scolastico. Le modalità di compilazione del nuovo PEI, dettate dalle nuove
Linee guida, avranno conseguenze dirette sul calcolo del giusto fabbisogno
delle risorse strumentali e professionali, ma anche sulla programmazione e sul
lavoro vivo, sull’attività didattica quotidiana. In questo senso le 65 pagine
delle corpose Linee guida e i documenti che l’accompagnano ben rappresentano la
portata del cambiamento in atto, l’idea di “inclusione 2.0” che ispira gli
estensori. Malgrado i buoni propositi che trapelano dal lessico e
dall’impostazione generale del discorso, il modello di riferimento rimane
quello della scuola delle competenze, della produttività, dell’efficienza, della
centralità del risultato. Le Linee guida rispondono inoltre alle esigenze ben
poco didattiche ma assai più aziendali della “razionalizzazione” (taglio) delle
risorse, in linea con le fosche prospettive indicate dal Bilancio di previsione
dello Stato del dicembre 2020, che prevede per l’istruzione migliaia di
cattedre di sostegno in meno nell’immediato futuro proprio in relazione alle
nuove regole.
Di seguito
un breve elenco delle criticità più evidenti.
- Le Linee
guida e il nuovo modello di PEI prevedono la possibilità di esercitare
“attività alternative”, e addirittura di decidere l’esonero per gli/le studenti
con disabilità con difficoltà particolari in determinate discipline.
Possibilità che, oltre a costituire un facile strumento per ridurre le ore di
sostegno e assistenza, evoca assai da vicino lo spettro delle classi
differenziali e il tramonto della tanto sbandierata idea di “inclusione”.
- Il vecchio
GLH (Gruppo di lavoro sull’handicap), all’interno del quale interagivano tutte
le figure che avevano in carico lo/la studente (scuola, famiglia, assistenza,
équipe medica), e che nei termini della legge 104 “elaborava congiuntamente” il
PEI, secondo le nuove direttive si trasforma in GLO, Gruppo di lavoro
operativo. Il GLO è nei fatti un organo nuovo e diverso dal GLH: coincide con
il Consiglio di classe, e al suo interno le decisioni prese e riportate nel PEI
sono approvate a maggioranza. Il PEI cessa dunque di essere il documento della
“definizione congiunta”, della collaborazione, della condivisione, di un lavoro
comune tra le parti: non a caso i genitori, rispetto alla precedente
impostazione del GLH, sono ridotti a “partecipanti” (non si capisce con quali
poteri effettivi, oltre al ruolo di supporto alle scelte), e altre figure
importanti sono ammesse solamente previa approvazione del dirigente. Del resto,
«risulta determinante il ruolo di leadership del dirigente scolastico», recita
la nota Bruschi.
- La «riunione
telematica sincrona», prevista dalle Linee guida, non è più limitata ai tempi
della pandemia, ma per la prima volta un documento ufficiale del ministero la
sdogana come possibile opzione di routine. Chi ha partecipato almeno una volta
alle riunioni di un GLH/GLO e abbia fatto esperienza del carico emotivo, della
delicatezza e della pregnanza delle questioni che si affrontano al suo interno
sa bene quanto sia fondamentale la presenza fisica, quanto sia necessario uno
scambio comunicativo non riducibile alla mera bidimensionalità di una faccia su
uno schermo.
- Il Piano
educativo individualizzato diventa un modello standard, unico per tutte le
scuole d’Italia, in 4 esemplari simili, distinti per grado di scuola. Nella
nuova versione è strutturato in un impianto farraginoso e mastodontico
all’interno del quale, sotto il vigile controllo del dirigente, tutta
l’attività didattica passata, presente e prevista per il futuro, sin nelle
minuzie dovrà essere ricalibrata dal Consiglio di classe secondo le categorie
dello standard medico “bio-psico-sociale” del modello ICF. Si tratta di un
carico insostenibile di burocrazia che somiglia di più a una pretesa di
controllo totale delle attività piuttosto che alle linee di un indirizzo
pedagogico-didattico.
- Il calcolo
delle risorse è affidato a un procedimento a crocette, basato su una
valutazione meramente quantitativa il conteggio del fabbisogno anziché
qualitativa e sulle effettive esigenze rilevate, come avveniva in passato. Sarà
possibile calcolare le ore da assegnare al sostegno e alle assistenze
specialistiche (queste ultime «nell’ambito delle risorse disponibili»!!)
solamente attraverso una tabella precostituita, allegata e unica. A una scala
del cosiddetto “debito di funzionamento” (il solito lessico da economisti
d’accatto che riduce fra l’altro la disabilità a una mera mancanza, a una
malattia, a un problema) corrisponde un numero determinato e fisso di ore. Un
lavoro da contabili, non da professionisti della didattica, che sottintende
chiaramente anche qui una facile via per tagliare le risorse.
- Per chi non avesse
capito il messaggio, un’intera pagina
l’ultima delle Linee guida è dedicata a spiegare, con tanto di esempi
esplicativi, le conseguenze penali in capo a ogni singolo appartenente al GLO
nel caso in cui la richiesta di ore di sostegno finisca per arrecare un danno
all’erario.
- Tutta da
sperimentare alla prova dell’esperienza sarà la novità, che alcuni salutano
come positiva, dell’adozione del modello ICF. Vero è che l’incontro tra l’ICF e
un’esperienza unica al mondo quale quella della nostra scuola, basata su
modelli didattici e pedagogici non riducibili a uno standard medico, lascia
prevedere l’esplosione di criticità non facilmente sanabili.
- Anche quello
che il linguaggio mai chiaro e definitivo dei documenti indica come un diritto
alla partecipazione al GLO della/dello studente con disabilità sembra non
considerare un dato assai evidente maturato nella lunga esperienza della nostra
scuola: la presenza davanti al Gruppo di lavoro, al Consiglio di classe, ai
medici, ai genitori può rappresentare per lo/la studente con disabilità
un’esperienza difficilissima da modulare sul piano dell’impatto emotivo e per
questo assolutamente deleteria. Dovrebbe essere il GLO, e in particolare
l’insegnante di sostegno insieme alla famiglia, a decidere caso per caso, ma
tale evenienza non è specificata.
- Solamente
chi non ha mai messo piede in una scuola e non ha mai esercitato l’attività di
insegnante o di educatore può pretendere di prevedere in anticipo, per
iscritto, «indicazioni operative in presenza di comportamenti problematici»,
come avviene nelle Linee guida.
La
trasformazione del nuovo PEI da documento condiviso e aperto in un elenco
particolareggiato di previsioni, prescrizioni e obblighi inciderà pesantemente,
snaturandola, sulla complessità dell’approccio e del rapporto
didattico-pedagogico-educativo, che considera fondamentali la libertà
pedagogica, l’adattamento, l’improvvisazione, la mediazione.
Colpisce,
del nuovo modello di PEI, la mancanza del punto di vista di chi nella scuola
lavora tutti i giorni, di chi quotidianamente respira la polvere delle aule e
condivide con le/gli studenti spazi e tempi di vita. Solo con l’apporto vivo
dell’esperienza professionale vissuta sarebbe stato possibile immaginare una
vera riforma del sostegno di cui, dopo anni di nuove esperienze e con una
realtà in veloce mutamento, forse si sentiva veramente il bisogno.
Non certo
questa riforma, che è da rinviare totalmente al mittente.